Stagione 2017 - Serale
22 Giugno – 2 Luglio 2017

Troppu trafficu ppi nenti

Regia di Giuseppe Dipasquale

Produzione:

Politeama Srl in coproduzione con Teatro della Città di Catania
Testo attribuito a Messer Angelo Florio Crollalanza, archetipo, pare, dell’illustre testo “Molto rumore per nulla” dietro la cui figura dell’autore si cela William Shakespeare


Michele Agnolo (o Michelangelo) Florio (Scrollalanza dal lato materno) (n. 1564?), di origine quacquera, visse parte della sua vita, sfuggendo alle persecuzioni religiose, nelle isole Eolie, a Messina, a Venezia, a Verona, a Stratford e a Londra. Fu autore di molte tragedie e commedie ambientate nei luoghi suddetti, che ...
Testo attribuito a Messer Angelo Florio Crollalanza, archetipo, pare, dell’illustre testo “Molto rumore per nulla” dietro la cui figura dell’autore si cela William Shakespeare


Michele Agnolo (o Michelangelo) Florio (Scrollalanza dal lato materno) (n. 1564?), di origine quacquera, visse parte della sua vita, sfuggendo alle persecuzioni religiose, nelle isole Eolie, a Messina, a Venezia, a Verona, a Stratford e a Londra. Fu autore di molte tragedie e commedie ambientate nei luoghi suddetti, che dimostrava di ben conoscere al pari della lingua italiana, del teatro italiano e della scena italiana. Alcune sue opere rinvenute sembrano essere la versione originaria di altre ben note opere attribuite a Shakespeare, come “troppu trafficu pì nnenti”, scritta in messinese, che potrebbe essere l’originale di “Troppo rumore per nulla” di Shakespeare, apparsa 50 anni dopo. Fuggendo con la famiglia, si trovò a vivere per un certo periodo a Venezia, ove pare che un suo vicino di casa, moro, uccidesse per gelosia la propria moglie. Su ispirazione di questa storia scrisse una tragedia: così come Sheakespeare scrisse successivamente l’Otello. Sempre fuggendo per la persecuzione religiosa, arrivò a Stratford,ove fu ospite di un oste guitto e ubriacone, forse parente della madre, che lo prese a benvolere soprattutto perché gli ricordava il proprio figlio morto, William. L’oste prese a chiamarlo affettuosamente “William”. A questo punto bastava tradurre in inglese il cognome della madre (da “Scrolla lanza” o “scrolla la lancia” in “shake the speare” o “shake speare”) ed ecco il nuovo cognome “Shakespeare”. Nasce così WILLIAM SHAKESPEARE, non più perseguibile come quacquero fuggiasco, ma costretto a tenere il mistero sulla sua vera identità e le sue origini. Forse l’oste suo parente era già uno “Scrollalanza” che aveva tradotto il suo cognome, per cui il compianto figlio, già si era chiamato William Shakespeare. Nelle ricostruzioni biografiche successive il grande drammaturgo verrà ritenuto essere il terzo degli otto figli di John Shakespeare. Venuto improvvisamente dal nulla, senza luogo né data di nascita, ed impostosi prepotentemente, soprattutto a Londra, alla ribalta quale drammaturgo ed attore, genera presto curiosità e scalpore, che lo inducono ad accentuare il mistero, per non essere scoperto dai suoi persecutori.

Se davvero Shakespeare fosse siciliano? Ci piacerebbe, per spirito di patria, poterlo credere, ma la storia, si sa, non la si fa coi se! Tuttavia, immaginiamo una Messina in mezzo al mediterraneo così come Shakespeare se la poteva immaginare: esotica, viva, crocevia di intrighi. Immaginiamola seguendo con le orecchie la parlata di quei personaggi che nel vivo di un dialetto carico di umori e ambiguità, dipana le trame di una vicenda originariamente semplice, ma dai risvolti complicatissimi. Immaginiamo che tutto ciò sia il frutto di un carattere tipicamente mediterraneo, se non propriamente siciliano ed ecco che potremo anche credere, anche solo per una volta, che William Shakespeare, di Stratford on Avon, sia potuto essere quel tale Michele Angelo Florio Crollalanza partito in fuga da Messina. Poiché non c’è nulla di meravigliosamente siciliano che il potere complicare, da un dato semplice, una vicenda fino a farla diventare surreale. Moravia amava marcare con Leonardo Sciascia la differenza tra un siciliano e un milanese: un milanese tende a rendere essenziali anche le cose più complesse, un siciliano, diceva Moravia a Sciascia, rende complicate anche le cose più semplici. Ecco, questo “Troppu trafficu ppi nenti” è il modello eterno di un carattere terribilmente semplice, come quello siciliano, che ama complicarsi l’esistenza in un continuo arrovugliarsi su se stesso.

Merito particolare di questa creazione, la lingua siciliana illustre ricostruita nelle sue scaturigini più nobili, con qualche spazio per la modernità del proverbiare e scelte fonetiche che appaiono insolite oggi, ma che dovevano essere consuete in corti dove il latino era la lingua diplomatica. Solennità di portamento e dizione rotonda per tutti tranne nei riquadri burleschi che il Bardo inframmetteva anche nelle più cupe storie per stemperarne l’amaro. Allora (nell’episodio della ronda notturna) si sprigiona l’umor faceto di tre guardie dai modi levantini, dal linguaggio misto di assonanze orientali e di comiche caricature espressive. Per il resto è teatro di parola, in cui espressioni arcaiche danno lo spessore di una cultura antica di secoli ai più ignota, di avere esitato a montare la macchina degli inganni che poi non vengono neanche mostrati: non casualmente il regista ha proposto la scena del balcone che l’originale riserva a un veloce racconto pur essendo il perno di tutto, falciando invece tra i frondosi dialoghi che talora fanno sfuggire i caratteri.

Lo spettacolo ha debuttato la prima volta nell’anno 2000, all’interno della rassegna Sole-Voci Estate catanese 2000 e al Festival De Théâtre “Atelier” che si tiene ogni anno a Sfântu Gheorghe in Romania. Ha girato in Italia e all’estero. Ospite 2005 del Festival Internazionale Shakespeariano di Danzica, ritorna per la seconda volta, dopo otto anni al Silvano Toti Globe Theatre di Roma diretto da Gigi Proietti.

Giuseppe Dipasquale
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Cast

Eru:
Roberta Andronico
Don Petru:
Filippo Brazzaventre
Frati Ciccio, Un Cancilleri, Messu:
Pietro Casano
Biatrici:
Valeria Contadino
Corradu:
Federico Fiorenza
Borracciu:
Luciano Fioretto
Margherita:
Valeria La Bua
Carrubba:
Mimmo Mignemi
Don Giuvanni Bastardu:
Giorgio Musumeci
Claudiu:
Luigi Nicotra
Lionatu:
Gian Paolo Poddighe
Orsola:
Carlotta Proietti
Binidittu:
Ruben Rigillo
Sorba:
Valerio Santi
Una Guardia:
Giovanni Vasta

 

Regia:
Giuseppe Dipasquale
Traduzione e adattamento:
Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
Costumi:
Angela Gallaro
Disegno luci:
Umile Vainieri
Disegno audio:
Franco Patimo
Aiuto regia:
Paolo Merlini
Scene:
Giuseppe di Pasquale
Direttore di scena:
Carmelo Marchese
Movimenti coreografici:
Donatella Capraro
Capo Macchinista:
Claudio Cutispoto
Macchinista:
Filippo Tornetta
Sarta:
Rita Geraci Serravillo
Servizi organizzativi:
Isabella Costa
Servizi Amministrativi:
Emanuele Condorelli
Coordinamento:
Rossella Messina
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